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Auction Market Theory e teoria dei mercati finanziari

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©Trading Research – www.trading-research.com – gennaio 2015 – Autore: Luca Ciolini


Oggi faremo un breve excursus storico delle teorie dei mercati finanziari; la trattazione non vuole essere né accademica né in alcun modo esaustiva delle singole teorie, ma semplicemente un breve flash del percorso teorico in materia. Il senso di questo è capire un pò da dove si viene, su cosa si sono concentrati gli studi,  per poi provare ad individuare quello che può esserci utile nell’operatività giornaliera.

 

La teoria è spesso molto lontana dall’applicazione pratica soprattutto per il fatto che praticamente nessuno di chi l’ha prodotta ha mai avuto l’esigenza di prendere quotidianamente decisioni reali di acquisto o vendita nei mercati, con denaro reale, tuttavia questi studi hanno il grande pregio di aver cercato in qualche modo di standardizzare dei modelli di comportamento che, anche se spesso lontani dalla realtà hanno sicuramente un’utilità anche pratica.

 

security market line

Per anni e forse accademicamente tuttora, il CAPM (Capital Asset Pricing Model) è stato il riferimento nella teoria dei mercati finanziari. Senza addentrarci troppo nella trattazione teorica ci limitiamo a dire che al di là di tutti i limiti, il CAPM rappresenta un ottimo studio che fornisce una quantità di informazioni utili per una efficiente gestione di portafoglio; Si tratta di un modello di equilibrio dei mercati finanziari, pubblicato da William Sharpe i nel1964 (Portfolio Theory & Capital Markets) e indipendentemente sviluppato da Lintner (1965) e Mossin (1966).


Il CAPM stabilisce una relazione tra il rendimento di un titolo e la sua rischiosità, misurata tramite un unico fattore di rischio detto beta. Il beta misura quanto il valore del titolo si muova in sintonia col mercato. Matematicamente, il beta è proporzionale alla covarianza tra rendimento del titolo e andamento del mercato; questa relazione è comunemente sintetizzata tramite la security market line, illustrata nel grafico.

 

Il CAPM fruttò a Sharpe, insieme con M.M. Miller e H. Markowitz, il Premio Nobel per l’economia nel 1990.Il CAPM in sintesi identifica quindi 2 tipi di rischio nell’acquisto di un titolo:

 


1) rischio diversificabile: il tipo di rischio che può essere eliminato investendo in un portafoglio di attività finanziarie (es. fondo comune di investimento).
2) rischio sistemico: è il rischio implicito nell’acquisto di una qualsiasi attività finanziaria, è cioè il rischio di mercato, che non è quindi eliminabile con la diversificazione.

 


Si individua quindi (per il rischio sistemico) un premio di rischio che sarà legato al beta, ovvero maggiore sarà il beta e maggiore sarà il rischio e quindi il rendimento atteso.
Quello che ci interessa di più in questa sede è che il CAPM si basa fondamentalmente su:

-una distribuzione normale del range giornaliero dei prezzi

-una conseguente costante condizione di equilibrio di mercato

-comportamento razionale in ogni momento di tutti gli operatori

-ipotesi di efficienza dei mercati (tutto è istantaneamente incorporato nei prezzi)

-il rischio è definito dalla deviazione standard della distribuzione dei prezzi.

euro-usd TPO

Se questo può andare bene per un modello matematico, quindi puramente teorico, è facile capire che la realtà dei mercati è molto diversa, l’equilibrio è solo momentaneo, i comportamenti degli operatori sono spesso irrazionali, ci sono tantissimi fattori che influenzano i prezzi ed è per questo che naturalmente si sono sviluppate altre teorie come ad esempio:

BEHAVIORAL ECONOMICS (Finanza Comportamentale): ha studiato gli effetti dei fattori sociali, cognitivi ed emozionali che stanno dietro alle decisioni individuali/collettive e le loro conseguenze su prezzi, rendimenti ed allocazione ottimale di risorse. Il presupposto quindi che le decisioni economico-finanziarie vengano prese in modo perfettamente razionale ed efficiente viene smontato.
Primi studi già dal 1950 ma il maggiore impulso alla B.E. venne, a partire dagli anni ’70, dai lavori di A. Tversky e D. Kahneman (premio nobel economia 2002).

 

FUNDAMENTALISM (ECONOMIC & MATHEMATICAL) – (Fondamentalismo): si fonda sul concetto economico del “laissez-faire” ossia delle politiche economiche liberiste secondo le quali il mercato, lasciato libero a se stesso offrirà le maggiori possibilità di crescita e prosperità per tutti, il mercato si autoregola.
Da qui si sono sviluppate per contro opinioni in termini di politica economica più o meno interventiste, miste e protezionistiche.
Da un punto di vista più strettamente teorico finanziario si studiarono gli effetti delle singole variabili economiche sui prezzi degli strumenti finanziari (azioni, futures, obbligazioni, opzioni) con relazioni più o meno complesse e talvolta difficilmente definibili matematicamente. Non riuscendo a definire poi tutte le interazioni tra le variabili stesse, un equazione matematica che definisca la realtà del mercato, non può essere scritta e di conseguenza risolta; una soluzione fondamentalista che definisca il comportamento del mercato non è quindi possibile.

 

ECONOPHISIC (Econofisica): è entrata nelle scena intorno alla metà degli anni ’90 concentrandosi sulla individuazione di una funzione di distribuzione del mercato. Questa teoria dimostra che i mercati sono spesso non in equilibrio e la distribuzione Gaussiana non è in grado di descrivere la complessità del mercato, che è in continuo cambiamento dovuto al continuo feedback dei partecipanti (traders)
Le “Fat Tails” delle distribuzioni spesso dimostrano che la Gaussiana non è in grado di descrivere la complessità e la variabilità nel tempo dell’ asta di mercato.

 

In sostanza si era alla ricerca di una funzione di distribuzione che descrivesse i mercati, ma la conclusione è che essa può non esistere, ed io aggiungo, chiunque operi giornalmente nei mercati non può che essere sicuro di questo.

 

VALUE MARKET ANALYSIS AND AUCTION MARKET THEORY: colui che ha provato sicuramente con successo a mettere insieme un’approccio teorico / scientifico con la realtà dei mercati finanziari è stato un pit trader, una persona che ha poi provato “sul campo” un determinato approccio teorico.

 


Questa persona è J. Peter Steidlmayer, l’inventore del Market Profile, era il 1985 quando egli su commissione del CME (Chicago Mercantile Exchange) giunse alla codifica di questo nuovo metodo di rappresentazione del mercato che inizialmente doveva servire solo ai membri del CME, poi velocemente di diffuse anche fuori.

 

La grossa novità rispetto al CAPM ed all’ECONOPHISIC è che la variabile primaria diventa il valore, ossia la rilevanza dei prezzi intorno ai quali si sono concentrati principalmente gli scambi, dove il prezzo è stato cioè più tempo; questo aggiunge una dimensione ulteriore di analisi oltre a quella dell’andamento del solo prezzo, la rappresentazione grafica viene quindi chiamata TPO (Time, Price, Opportunities). Poi più avanti lo stesso Steidlmayer, e successivamente James Dalton, rielaborano una serie di osservazioni basate sul market profile per comprendere meglio il “puzzle” di mercato fornendo molti utili spunti e idee pratiche per il trading quotidiano. Essi hanno definito tutta una serie di concetti che nel loro complesso rappresentano quella che oggi viene comunemente chiamata AUCTION MARKET THEORY.

 

ES 5min articolo

 

Si tratta di interpretare il mercato in ogni momento come un’asta continua con il prezzo che rappresenta il “battitore dell’asta” ed il volume che ne consegue ad ogni livello a misurarne il successo o meno.

 

(Per una sintesi di questi concetti e della terminologia potete consultare il nostro GLOSSARIO).


In questi ultimi anni grazie anche all’aumentata trasparenza degli exchange i quali offrono in tempo reale una sempre maggiore quantità di informazioni, e grazie anche allo sviluppo di molti buoni software per il charting, l’utilizzo da parte dei traders del market profile e di tutti i concetti dell’Auction Market Theory è aumentata e continua ad aumentare enormemente.

 


Noi in modo particolare non utilizziamo l’originale rappresentazione MP ma il Volume Profile unitamente al grafico di prezzo (candlesticks e renko); utilizziamo gran parte dei concetti dell’AMT in quanto a ns. giudizio rappresentano attualmente l’approccio più completo al mercato, consentendo di fare ordine, di mettere dei “paletti” in un ambiente dove tutto è “liquido”, tutto può cambiare velocemente senza apparenti ragioni e soprattutto ci consente di prendere decisioni e sviluppare la nostra conoscenza sulla base di MGI (market generated informations – informazioni generate dal mercato).

 


Spesso la maggior parte dei trader, concentrandosi solamente sul prezzo, magari manipolandolo nei modi più intelligenti e sofisticati con indicatori ed oscillatori, si trova frustrata di fronte al quotidiano ripetersi di situazioni in cui essi non funzionano, e sopratutto senza potersi dare nessuna spiegazione.

 


Nel trading “nothing works” come dicono la gran parte dei trader di successo, ma avere una giustificazione, anche a posteriori del perché quel supporto non ha tenuto, del perché un grosso movimento si è fermato proprio lì per poi subito invertire, o perché il prezzo è continuato a scendere quando era già da molto in ipervenduto o perché ancora dall’incrocio di alcune medie mobili non è poi scaturito niente etc.. aiuta sicuramente ad avere un approccio più tranquillo ai mercati, una comprensione migliore di ciò che sta accadendo, e con il tempo a formulare ipotesi migliori e più accurate su ciò che è più probabile accada nell’immediato futuro.

 


L’AMT ci ha molto aiutato in tal senso ed è per questo che la utilizziamo sia giornalmente per prendere decisioni operative, sia per orientare la nostra ricerca volta ad una sempre più profonda comprensione della realtà del mercato.


buon trading



 

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